LA CORTE DEI CONTI 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto  al  n.
59788/C del registro di segreteria, presentata da  Ricci  Giuseppina,
nata il 1° ottobre  1934  a  Roma,  ivi  residente  ed  elettivamente
domiciliata in Ostia Lido, via dell'Idroscalo n. 2, presso lo  studio
dell'avv. Antonio Taviano, che la rappresenta e difende nel  presente
giudizio, contro  l'I.N.P.D.A.P.,  sede  territoriale  di  Roma  3  e
l'I.N.P.D.A.P. sede centrale. 
    Alla pubblica udienza del 4  aprile  2007  sono  presenti  l'avv.
Traviano e la dott.ssa Nadia Bruno. 
    Esaminati gli atti. 
                          Premesso in fatto 
    La ricorrente - coniuge superstite  del  sig.  Guglielmo  Caridi,
deceduto il 20 luglio 1996 e gia' titolare dal 15 febbraio 1974 della
pensione diretta iscrizione n. 4078268, concessa con d.m. n. 230  del
25 maggio 1974 e liquidata, per infermita', sulla base di 40 anni  di
servizio utile  -  ha  presentato  il  ricorso  oggetto  dell'odierno
giudizio per  vedersi  riconoscere  il  diritto  alla  corresponsione
dell'indennita' integrativa speciale in misura intera. 
    Risulta dagli atti che l'I.N.P.D.A.P. ha liquidato alla vedova il
trattamento  pensionistico  di  reversibilita'  pari  al  60%   della
pensione di cui era in godimento  il  coniuge  deceduto,  comprensiva
della indennita' integrativa speciale liquidata dunque  nella  stessa
percentuale, a decorrere dal mese successivo  alla  morte  del  dante
causa, ai sensi dell'art. 1, comma 41, della legge n. 335/1995. 
    A sostegno del ricorso l'interessata deduce  il  proprio  diritto
alla  rideterminazione  del  trattamento  di  reversibilita'  con  il
ripristino dell'indennita' integrativa speciale nella  misura  intera
precedentemente erogata al coniuge, da liquidarsi separatamente dalla
voce «pensione», in conformita' a quanto disposto dall'art. 15, comma
5, della legge 23 dicembre 1994,  n.  724,  a  mente  del  quale  «Le
disposizioni relative alla corresponsione dell'indennita' integrativa
speciale sui trattamenti di  pensione,  previste  dall'art.  2  della
legge  27  maggio  1959,  n.  324  e   successive   modificazioni   e
integrazioni, sono applicabili limitatamente  alle  pensioni  dirette
liquidate fino al 31 dicembre 1994 ed alle pensioni di reversibilita'
ad esse riferite»,  trattandosi,  nella  specie,  di  trattamento  di
reversibilita' afferente ad  un  trattamento  diretto  liquidato  con
decorrenza anteriore al 1° gennaio 1995. 
    Risulta  dagli  atti  che,   nella   specie,   la   pensione   di
reversibilita' dell'interessata, in quanto  decorrente  dal  mese  di
agosto 1996, e' stata liquidata ai sensi dell'art. 1, comma 41, della
legge 8 agosto 1995, n. 335,  in  vigore  del  17  agosto  1995,  per
effetto del quale «La  disciplina  del  trattamento  pensionistico  a
favore dei superstiti di assicurato e pensionato, vigente nell'ambito
dell'assicurazione generale obbligatoria, e' estesa a tutte le  forme
esclusive o sostitutive di detto regime. (...)». 
    Cio' in quanto, a mente del comma 3 dell'art. 15 della  legge  n.
724/1994 citata, l'indennita' integrativa  speciale  non  costituisce
piu' una voce distinta, liquidabile per intero, bensi' e'  conglobata
nell'unica voce «pensione» e, pertanto, soggetta alle percentuali  di
legge proprie delle pensioni ai superstiti. 
    Con   memoria   del   14   novembre   2003   il    rappresentante
dell'I.N.P.D.A.P. ha chiesto il rigetto  del  ricorso  deducendo  che
l'art.  15,  comma  5,  della  legge  n.  724/1994  doveva  ritenersi
implicitamente dall'art. 1, comma 41, della legge n. 335/1995, che ha
esteso, dal  17  agosto  1995,  a  tutti  i  dipendenti  pubblici  la
disciplina   pensionistica   vigente   nell'assicurazione    generale
obbligatoria. 
    All'odierna pubblica udienza, l'avv. Traviano ha insistito  sulla
fondatezza   della   propria   pretesa,   richiamando   la   pacifica
giurisprudenza di questa Corte nella materia de qua,  che  ha  sempre
riconosciuto in casi analoghi il diritto alla indennita'  integrativa
speciale liquidata ai sensi dell'art. 15, comma  5,  della  legge  n.
724/1994 citata, che, come gia' riferito, aveva previsto - in  deroga
al disposto di cui al precedente comma  3  -  l'applicabilita'  della
piu'  favorevole  pregressa   disciplina   ai   trattamenti   diretti
decorrenti  anteriormente  alla  data  del  1°  gennaio  1995  ed  ai
trattamenti di reversibilita' ad essi riferiti. 
    Peraltro, nel prendere atto dei sopravvenuti commi 774, 775 e 776
dell'art. 1 della legge n.  296/2006  (legge  finanziaria  2007),  ha
chiesto, in  via  subordinata,  la  sospensione  del  giudizio  e  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ritenuta rilevante
e  non  manifestamente  infondata  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dei predetti commi, in relazione agli artt. 3, 36 e 38
della  Costituzione,  come  peraltro  gia'  disposto  dalla   sezione
giurisdizionale di questa Corte per la Regione Sicilia;  la  dott.ssa
Bruno non si e' opposta a tale richiesta. 
                       Considerato in diritto 
    La controversia oggetto del presente giudizio - analoga a diverse
fattispecie fino  ad  ora  gia'  risolte  in  senso  favorevole  agli
interessati da consolidata  giurisprudenza,  anche  a  seguito  della
soluzione data dalle sezioni riunite di questa Corte  alla  questione
di massima decisa con sentenza n. 8/QM/2002 del 17 aprile 2002  -  va
ora risolta alla luce delle recenti disposizioni recate, in  materia,
dai commi 774, 775 e 776 dell'articolo unico della legge 27  dicembre
2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che imporrebbero una pronuncia
opposta al predetto pacifico orientamento favorevole finora  adottato
da questa Corte e,  conseguentemente,  porterebbero  al  rigetto  del
ricorso. 
    Senonche' le innovative disposizioni di cui ai commi  774  e  775
appaiono a questo giudice viziate da  illegittimita'  costituzionale,
per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione, in relazione ai
motivi che di seguito si espongono. 
    E'  opportuno,  peraltro,  subito  evidenziare  che  la  presente
eccezione differisce, per diversi profili della ravvisata violazione,
da   analoga   questione   sollevata   da   questa   Corte,   sezione
giurisdizionale per la Regione  Sicilia,  con  ordinanza  n.  13/2007
dell'11 gennaio 2007. 
    1. - Il comma 774 della  legge  n.  296/2006  citata,  della  cui
legittimita' si dubita, reca l'interpretazione autentica dell'art. 1,
comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335  (testualmente  riportato
in narrativa, con cui la disciplina delle pensioni di  reversibilita'
I.N.P.S. decorrenti dal 17 agosto  1995  e'  stata  estesa  anche  al
settore pubblico e  che  ha  disciplinato  inoltre  il  cumulo  delle
pensioni di reversibilita' con altri eventuali redditi posseduti  dal
relativo  titolare,  il  tutto  con  salvezza  dei  trattamenti  piu'
favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della  legge),
disponendo che per le pensioni di reversibillta'  sorte  a  decorrere
dall'entrata in vigore di tale ultima  legge  (vale  a  dire  dal  17
agosto 1995),  «indipendentemente  dalla  data  di  decorrenza  della
pensione diretta» cui esse si riferiscono,  l'indennita'  integrativa
speciale gia' in godimento del dante causa (...) e' attribuita  nella
misura percentuale prevista  per  il  trattamento  di  reversibilita'
(vale a dire nella percentuale del 60% previsto  dall'art.  22  della
legge n. 903/1965 per l'assicurazione I.N.P.S., ed esteso anche  alle
pensioni dei dipendenti pubblici dal comma 3 dell'art. 15 della legge
31 dicembre 1994, n. 724). 
    L'interpretazione  autentica   della   novella   legislativa   si
riferisce, in particolare, alla applicabilita' delle nuove  norme  in
materia  di  indennita'  integrativa  speciale  sui  trattamenti   di
pensione, (indennita' che dal 1° gennaio  1995  va  conglobata  nella
voce «pensione» ed assoggettata alla  medesima  aliquota  percentuale
per la determinazione della base pensionabile, ai sensi del  comma  3
dell'art. 15  della  legge  n.  724/1994),  anche  alle  pensioni  di
reversibilita' che, seppur decorrenti successivamente alla  data  del
17 gennaio 1995, siano riferite  a  pensioni  dirette  decorrenti  da
periodo anteriore al 31 dicembre 1994. 
    Con tale disposizione, avente  effetto  retroattivo,  viene  meno
l'intento di salvaguardia dei trattamenti di reversibilita' liquidati
secondo il piu' favorevole calcolo ex art. 2 della legge n. 324/1959,
cosi' come era stato invece previsto dall'art.  15,  comma  5,  della
legge n. 724/1994 che, come gia' esposto in narrativa,  aveva  inteso
tutelare i trattamenti di riversibilita' collegati a pensioni dirette
decorrenti prima del 1° gennaio 1995, e che e' stato ora abrogato dal
successivo comma 776 dell'articolo  unico  della  medesima  legge  n.
296/2006, con salvezza dei soli  trattamenti  piu'  favorevoli  «gia'
definiti in sede di contenzioso» di cui al comma 775. 
    In altri  termini,  vengono  assoggettate  al  nuovo  sistema  di
liquidazione  dell'indennita'  integrativa  speciale   anche   quelle
pensioni di reversibilita' che la norma transitoria di  cui  all'art.
15, comma 5, della legge n.  724/1994  (ora  abrogato)  aveva  inteso
escludere,  in  considerazione  della  diversita'   del   regime   di
liquidazione delle pensioni introdotto: dal 1° gennaio 1995  e  degli
effetti distorsivi della riforma nei  riguardi  delle  pensioni  piu'
datate e di importo modesto, la cui funzione previdenziale era  stata
assicurata in misura piu' accentuata dall'indennita' di cui trattasi. 
    2. - Cio' posto, la disposizione  di  cui  al  comma  774  sembra
confliggere, in primo luogo,  con  l'art.  3  Costituzione,  sia  per
quanto  attiene  al  profilo  di  uguaglianza   che   a   quello   di
ragionevolezza. 
    Con tale comma,  infatti,  si  dispone  che  «L'estensione  della
disciplina del trattamento pensionistico a favore dei  superstiti  di
assicurato   e   pensionato   vigente    nell'ambito    del    regime
dell'assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme esclusive e
sostitutive di detto regime, prevista dall'art. 1,  comma  41,  della
legge 8 agosto 1995, n. 335, si  interpreta  nel  senso  che  per  le
pensioni di reversibilita' sorte a decorrere dall'entrata  in  vigore
della legge 8 agosto 1995, n. 335, (vale a dire per  le  pensioni  di
reversibilita'  connesse  a  decessi  del  dante  causa  avvenuti   a
decorrere dal 17 agosto 1995, data di entrata in vigore  della  legge
n.  335/1995),  indipendentemente  dalla  data  di  decorrenza  della
pensione diretta, l'indennita' integrativa speciale gia' in godimento
da  parte  del  dante  causa,  parte   integrante   del   complessivo
trattamento pensionistico, e'  attribuita  nella  misura  percentuale
prevista per il trattamento di riversibilita». 
    Cio'  comporta  che  dalla  nuova  disciplina  dovrebbero  essere
esclusi i trattamenti di reversibilita' connessi a  decessi  avvenuti
prima del 17 agosto 1995, e con cio' si intende evidenziare subito la
mancanza di un valido motivo  nel  differenziare  il  trattamento  di
situazioni sostanzialmente uguali (come le pensioni di reversibilita'
decorrenti dal 1° gennaio 1995 e  quelle  decorrenti  dal  17  agosto
1995), posto che il nuovo  sistema  di  liquidazione  dell'indennita'
integrativa speciale (conglobata alla voce  pensione),  disposto  dal
vigente comma 3 dell'art. 15 della legge n. 724/1994 (sistema che  ha
dato luogo alla definitiva disciplina di cui all'art.  1,  comma  41,
della citata legge n. 335/1995), ha effetto appunto  dal  1°  gennaio
1995. 
    L'interpretazione di cui al comma 774  sembra  poi  espressamente
contrastare anche con il vigente comma 4 del medesimo art.  15  della
legge n. 724/1994, con cui e' stato disposto che «La pensione di  cui
al comma 3 (vale a dire quella decorrente dal 1°  gennaio  1995,  con
l'i.i.s. inglobata nella voce pensione) e' reversibile, (...) in base
all'aliquota  in  vigore  nel  regime   dell'assicurazione   generale
obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti». 
    Trattasi della medesima aliquota di reversibilita' del 60% che il
comma 774 prevede invece  a  decorrere  dal  17  agosto  1995);  tale
contrasto  in  ordine   alla   effettiva   decorrenza   delle   nuove
disposizioni  per  le  pensioni  di  reversibilita'  non   puo'   che
riflettere un difetto di ragionevolezza. 
    3.  -  Ulteriore  motivo  di  contrasto  con  il   principio   di
ragionevolezza e' ravvisabile nella salvezza dei migliori trattamenti
in atto, posto che il comma 775 della legge n. 296/2006  prevede  che
«Sono fatti salvi i  trattamenti  pensionistici  piu'  favorevoli  in
godimento alla data di entrata in vigore della presente  legge,  gia'
definiti in  sede  di  contenzioso,  con  riassorbimento  sui  futuri
miglioramenti pensionistici». 
    Dunque, il comma 775 prevede la  salvezza  dei  soli  trattamenti
piu' favorevoli in atto alla data della sua  entrata  in  vigore  (1°
gennaio 2007) «gia' definiti in sede di contenzioso». 
    Sembra  che  il  legislatore,  in  tale  previsione,  concernente
l'intangibilita' dei giudizi definiti, anche  di  fronte  all'effetto
retroattivo della norma di  interpretazione  autentica  (comma  774),
abbia inteso sancire la mancata tutela dei diritti quesiti di  coloro
che  hanno  avuto  la  corresponsione  del  migliore  trattamento  di
riversibilita' in via amministrativa,  recando  dunque  un  ulteriore
vulnus ai suddetti principi di uguaglianza e ragionevolezza. 
    4. - Ma il profilo che continua ad apparire piu' in contrasto con
i principi di cui all'art. 3  Costituzione,  cosi'  come  evidenziato
anche dalle sezioni riunite di questa Corte con la  citata  pronuncia
n. 8/QM/2002 (che era stata resa in sede di questione  di  massima  a
fronte  di  un  unico  minoritario   orientamento   giurisprudenziale
sfavorevole in materia), e' rappresentato dall'immotivata  differenza
di trattamento tra i beneficiari di trattamenti di reversibilita'  in
ogni  caso  riferibili  a  pensioni  dirette  decorrenti  da  periodo
precedente il 1° gennaio 1995, con l'unico  discrimine  rappresentato
dal momento di decorrenza del  trattamento  ai  superstiti,  a  nulla
rilevando la data di effettiva decorrenza della pensione diretta  cui
detti trattamenti sono afferenti. 
    E' stato, infatti, al riguardo considerato che  «la  pensione  di
reversibilita', pur se  acquisita  iure  proprio  resta  naturalmente
avvinta, proseguendolo, al pregresso istituto della pensione  diretta
fruita dal lavoratore, nel quale trova la propria scaturigine  ed  il
proprio fondamento, attuando, per il coniuge superstite,  una  specie
di proiezione oltre la morte, della funzione di sostentamento assolta
in vita dal reddito del de cuius, di guisa  che  tali  finalita'  non
verrebbero integralmente realizzate ove si ammettesse la possibilita'
di una diversita' di criteri per  la  determinazione  dei  rispettivi
trattamenti. 
    E tali principi, enunciati in fondamentali pronunce  della  Corte
costituzionale (sent. n. 34/1981,  n.  169/1986,  n.  926/1988  e  n.
495/1993) non possono non assurgere  a  guida  dell'interprete  nella
soluzione di questioni nelle quali i principi stessi  si  pongano  in
gioco» (sezioni riunite, n. 8/QM/2002). 
    Il venir meno di tale tutela sembra postulare, dunque,  anche  la
violazione della garanzia di  cui  all'art.  38  della  Costituzione,
strettamente collegata con lo stato  di  bisogno  ricollegabile  alle
pensioni vedovili che trovano la loro causa nell'esigenza di tutelare
economicamente la parte superstite nel  momento  in  cui  viene  meno
l'apporto economico del coniuge deceduto, tramite  la  reversibilita'
di una pensione che, a  sua  volta,  trova  titolo  nella  cessazione
dell'attivita' lavorativa o  nel  risarcimento  di  un  danno  fisico
ricollegabile al servizio svolto. 
    5.  -  Non  puo',   infine,   tacersi   l'uso   improprio   della
qualificazione  interpretativa  data  al   comma   774,   come   gia'
rappresentato nell'ordinanza  di  rimessione  n.  13/2007  di  questa
Corte, in relazione  all'effetto  retroattivo  ad  essa  conseguente,
unitamente con la sostanziale  omissione  di  salvezza  dei  rapporti
giuridici in atto, di cui al successivo comma 775,  ad  eccezione  di
quelli gia' definiti in sede contenziosa. 
    E'  stato  osservato,  al  riguardo,  che  -  fermo  il  disposto
dell'art.  25  della  Costituzione  -  una  legge  puo'  derogare  al
principio  generale  della   irretroattivita',   ma   facendo   salva
l'osservanza  dell'affidamento  del  cittadino  nella  certezza   dei
rapporti giuridici gia' insorti che, quale essenziale elemento  dello
Stato di diritto, non puo' essere leso da disposizioni che  finiscano
per tradurre in regolamentazione irrazionale  situazioni  sostanziali
disciplinate da  leggi  precedenti  (sent.  Corte  costituzionale  n.
416/1999): affidamento che, nella materia de qua, si e' protratto per
un periodo variabile fino a dodici anni. 
    Come piu' volte affermato dal Giudice delle leggi, una norma puo'
intervenire  retroattivamente  onde   eliminare   istituti   la   cui
sopravvivenza, sia pure a  limitati  fini,  si  ritenga  irrazionale,
ovvero incidere sulla tutela giurisdizionale diretta ad applicare  il
diritto soggettivo: e' tale il caso delle  leggi  di  interpretazione
autentica, per le quali l'efficacia retroattiva,  con  effetto  anche
sul contenzioso in corso, trova giustificazione nell'esistenza di  un
obbiettivo dubbio ermeneutico in sede giurisdizionale e dottrinale. 
    Senonche', nella materia di cui  trattasi,  non  risultava  alcun
dubbio ermeneutico dopo l'orientamento giurisprudenziale che  si  era
pacificamente  affermato,  specie  dopo  l'intervento  delle  sezioni
riunite di questa Corte del 2002, e che non risulta mai disatteso. 
    L'irragionevolezza del carattere retroattivo del  comma  774,  in
quanto norma di interpretazione autentica,  si  riverbera  anche  sul
comma 775 che,  nel  prevedere  la  salvezza  delle  sole  situazioni
giuridiche gia' definite favorevolmente in sede contenziosa,  finisce
per limitare (ne' potrebbe essere altrimenti) l'applicabitita'  della
nuova disciplina,  con  effetto  retroattivo,  soltanto  all'avvenuto
verificarsi  di  un  evento  processuale  assolutamente   casuale   e
circostanziale (come la avvenuta definizione dei ricorsi in materia). 
    Sembra, al riguardo, doveroso richiamare il  principio  affermato
in sede costituzionale, secondo cui lo scrutinio di costituzionalita'
ex art.  3  in  ordine  alla  scelta  legislativa  di  derogare  alla
irretroattivita' di una norma sfavorevole, debba superare  un  vaglio
positivo di ragionevolezza, non essendo a tal fine sufficiente che la
norma derogatoria sia non manifestamente irragionevole  (Corte  cost.
sent. n. 393/2006). 
    Risulta arduo, nella specie,  individuare  il  rispetto  di  tale
parametro di ragionevolezza, oltre che per  la  mancanza  di  attuali
dubbi interpretativi in sede giurisdizionale e/o  dottrinaria,  anche
in relazione agli effetti dell'applicazione retroattiva del comma 774
sul bilancio statale - dopo che l'I.N.P.D.A.P., in  applicazione  dei
commi censurati, avra' disposto a carico dei  coniugi  superstiti  il
recupero delle maggiori somme erogate  -  se  confrontati  con  altre
disposizioni della medesima legge n. 296/2006, come il comma 765, che
autorizza per l'anno 2007 la spesa di 17  milioni  di  euro  al  fine
della realizzazione di campagne informative, a cura della  Presidenza
del Consiglio dei ministri, volte a promuovere  adesioni  consapevoli
alle forme pensionistiche complementari; o come il comma 578 con cui,
mediante altra  norma  di  interpretazione  autentica  (questa  volta
dell'art. 23-bis del d.lgs. n. 165/2001)  si  dispone  che  a  talune
figure dirigenziali pubbliche, collocate in aspettativa senza assegni
presso  soggetti  ed  organismi  pubblici,   venga   retroattivamente
riconosciuta l'anzianita' di servizio,  con  indubbi  riflessi  sulla
futura spesa pensionistica. 
    Per le suesposte considerazioni, appare fondato il dubbio che  la
previsione  interpretativa  restrittiva   di   cui   al   comma   774
dell'articolo  unico  della  legge  n.  296/2006,   cosi'   come   il
conseguente comma  775,  costituiscano  violazione  dei  principi  di
razionalita'  e  uguaglianza  ex  art.  3,   nonche'   della   tutela
previdenziale e assistenziale sancita dall'art. 38. 
    Ritenuta la rilevanza della questione ai fini del decidere  -  in
quanto solo dall'accoglimento della eccezione  cosi'  come  sollevata
puo' conseguire  l'accoglimento  della  pretesa  pensionistica  della
ricorrente - unitamente alla sua  non  manifesta  infondatezza,  come
prospettato in  parte  motiva,  il  giudizio  va  sospeso,  ai  sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  e  gli  atti  rimessi
alla Corte costituzionale  perche'  si  pronunci  sulla  legittimita'
costituzionale dei commi  774  e  775  dell'art.  1  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296.